La tassidermia (dal greco: taxis, ordine, e derma, pelle ‘disposizione della pelle) è l’arte di preparare ed ordinare la pelle degli animali in modo che più s’approssimi alla forma naturale (Diz. St. Nat.)
La tassidermia, più comunemente conosciuta come imbalsamazione, è la moderna disciplina usata per preservare corpi di animali dopo la loro morte. Con questa tecnica si utilizza solo la pelle che viene appositamente preparata (pulita e conciata) per essere successivamente adattata su di un manichino di poliuretano. Di fatto questo materiale consente di realizzare una vera e propria scultura dell’anatomia dell’animale e di riprodurre le forme e le movenze di quando era in vita.
La tassidermia può essere eseguita su commissione, che si tratti di animali domestici o selvatici, e ogni preparazione pur rientrando nella categoria tradizionale si può definire un’opera d’arte unica e irripetibile, e ci sono le preparazioni puramente artistiche (tassidermia artistica).
Per quanto riguarda la preparazione (imbalslamazione/tassidermia) di un animale domestico, per esempio un cane o un gatto, va detto che il risultato finale di tale lavorazione deve essere inteso
come un buon compromesso tra ciò che era soggetto in vita e il nuovo soggetto tassidermizzato (imbalsamato). Alle persone che decidono di intraprendere questa strada dico che la loro scelta è una buona soluzione per soffrire meno la mancanza del proprio “adorato amico” e che il risultato finale dopo le fasi di lavorazione si trasforma in un’ottima Consolazione.
Spesso mi viene chiesto che differenza c’è tra Tassidermia e Imbasamazione.
Bene, la differenza di fatto non c’è perché per imbalsamazione si intende tassidermia. Realmente però l’imbalsamazione è una pratica risalente agli antichi Egizi al tempo dei faraoni che veniva svolta dagli imbalsamatori. La tecnica era molto diversa dalla tassidermia attuale ma lo scopo è lo stesso: la preservazione di un corpo dopo la morte. Oggi comunemente si parla di imbalsamazione sottendendo la pratica della tassidermia. Siccome questa parola (Tassidermia) non è conosciuta dai più si continua a utilizzare la parola imbalsamazione per tradizione fonetica e per abitudine. In tutti i casi oggi se qualcuno cerca sul web la parola imbalsamazione perché vuole informazioni sulla possibilità di far imbalsamare un’animale, trova un tassidermista. Perciò niente paura perché la Tassidermia è l’Imbalsamazione e viceversa.
Per sfatare un luogo comune vorrei precisare che durante le fasi dell’imbalsamazione o tassidermia, il preparatore naturalista (tassidermista) non procede togliendo i visceri dell’animale da imbalsamare (come facevano gli antichi egizi). E’ una credenza diffusa e fuorviante, pensare all’imbalsamatore come una creatura oscura, misteriosa e crudele che lavora nell’ombra, o illuminato da deboli luci, intento a cavare le interiora di un animale per poi riempirlo con paglia e in fine richiuderlo con ago e filo.
Al contrario il tassidermista (imbalsamatore) si concentra e lavora solo sulla pelle dell’animale. La carcassa (i resti mortali) non viene aperta e non si toglie nulla del suo contenuto. Il corpo viene usato solo come modello da cui prendere spunto per la realizzazione della scultura anatomica del soggetto in lavorazione.
Volendo essere più precisi e fare chiarezza tra i due termini, Tassidermia e Imbalsamazione, bisogna comparare e comprendere i due rispettivi risultati a fine lavorazione.
L’Imbalsamazione (imbalsamazione Egizia), come risultato finale ha dato e darebbe tuttora (se si potesse ancora praticare) una mummia. Noi tutti conosciamo l’aspetto di una mummia. Scoperchiata la tomba e tolte le famose bende apparirebbe ai nostri occhi un essere rinsecchito e di brutto aspetto. L’aspetto di una mummia infatti è a dir poco sgradevole. Nessuno vorrebbe il proprio cane o il proprio gatto imbalsamato con un tale aspetto.
Ai giorni nostri quel tipo di imbalsamazione non è più consentito e non è possibile praticarla. Sugli esseri umani però non solo è proibito praticare l’imbalsamazione ma ne è proibita anche la tassidermia. Infatti applicare la tecnica della Tassidermia sull’uomo non è permesso dalla legge. Inoltre allo stato delle cose la tecnica della tassidermia non porterebbe ad un buon risultato con un esemplare di essere umano. Noi umani infatti al contrario degli animali (quasi tutti) non siamo ricoperti di pelo, piume o squame e la nostra pelle poco spessa e poco robusta rispetto a quella degli animali (selvatici ma anche domestici) non permette un grado accettabile di conservazione dopo il procedimento della concia. Ci sarebbero altre tecniche per la preservazione del corpo di un essere umano per le quali in questa sezione non mi dilungherò. Si tratta della plastinzione, della pietrificazione e della tannizzazione. Otre alla possibilità di immergere in soluzione di formaldeide, glicerina o alcol lo stesso corpo o parti dello stesso ai fini conservativi.
La Tassidermia (più diffusamente conosciuta come imbalsamazione) porta a risultati decisamente più confortevoli rispetto all’imbalsamazione egizia. In effetti dopo la lavorazione di un animale da parte di un tassidermista esperto (diffidare sempre di chi non ha esperienza e vuole improvvisare) il risultato finale è una bella sorpresa o se si tratta di animali d’affezione, una ottima consolazione. Attraverso la tassidermia moderna si ottengono dei preparati di altissimo livello simili in tutto e per tutto all’animale quando era vivo. Se si tratta di fauna selvatica il lavoro è più semplice, al contrario se si tratta di animali domestici d’affezione il lavoro si fa più difficile. Nel primo caso si tratta di prendere in considerazione un animale selvatico sul quale normalmente il committente non ha un ricordo emotivo e per il quale nella maggior parte dei casi egli non prova un sentimento di affetto. In questo caso la preparazione e il suo grado di bellezza sarà determinato puramente dalla mera capacità di rivestire un manichino prestampato con la pelle dell’animale selvatico. Ovviamente non si tratta solo di rivestire ma di applicare la tecnica della tassidermia con tutte le sue difficoltà nel migliore modo possibile.